"Se la libertà vuol dire veramente qualcosa, significa il diritto di dire alla gente quello che la gente non vuol sentire"
(George Orwell, Postfazione de "La fattoria degli animali")

lunedì, marzo 31, 2008

Un'informazione manomessa


E' con vero piacere che pubblico la email che ho ricevuto dalla sig.ra Aurelia del Vecchio.
Domenica 30 marzo 2008 - edizione TG5 ore 6,00.
Il TG5 dà notizia che anche Singapore e la Cina hanno fermato l'importazione di mozzarella di bufala campana. Il giorno precedente tutti i telegiornali italiani riportavano la dichiarazione del ministro De Castro, il quale affermava che nessuna importazione di mozzarella esiste dall'Italia verso la Cina e chissà da dove mai provengono i latticini sotto osservazione. Il TG5 non riporta tale rettifica e quindi, nel tacere una precisazione così rilevante, che sgonfia la notizia eclatante, compie una manomissione grave dell'informazione e mi viene da pensare che gli interessi elettorali del padrone sono molto più importanti di quelli dei semplici cittadini, sia i consumatori di mozzarella, che si vogliono allertare a tutti i costi, sia dei produttori e lavoratori del settore raggiunti dalla crisi. Non so se questo indirizzo di posta elettronica sia quello giusto, comunque, come telespettatrice non sono ingenua e sono indignata.
Distinti saluti

Aurelia del Vecchio

martedì, marzo 25, 2008

La campania non andrà a destra



Rispettando la libera espressione di voto di ciascuno, mi permetto di osservare che questa sarebbe, per tanti versi, una scelta illogica. Basterebbe considerare attentamente tutti gli atti dell’ineffabile governo Berlusconi per il Sud e tutto ciò che la destra fa, con puntuale quotidianità, contro Napoli e la Regione per mero gioco politico.

Per un quinquennio il Cavaliere è stato a capo di una composita maggioranza, costituita da AN, dal partito dell’onorevole Casini e dalla Lega Nord, vera forza fagocitante dell’alleanza, per niente sensibile alle ragioni del meridione, se non con intento egoista e secessionista. Con in più il supporto di una destra estrema e negazionista delle ragioni stesse della nostra democrazia. Unico caso in Europa.

Al di là dei proclami roboanti e delle immaginifiche cifre esibite per il Sud, sarebbe il caso di chiedere alla destra un resoconto dettagliato delle cose realmente esplicate per questa parte di Paese, per tutti gli anni che essa ha governato. Forse si rimarrebbe sbigottiti per l’esiguità e la scarnezza dell’azione degli esecutivi a guida Berlusconi, relativamente proprio ai problemi meridionali.

E partendo quindi, da una analisi politica ed economica degli ultimi anni, difficilmente confutabile, si arriva, in modo inevitabile, all’emergenza rifiuti e di come essa non sia stata arginata e risolta nei cinque anni del governo Berlusconi.

Purtroppo il precipitare della crisi dei rifiuti sembra aver annullato queste omissioni e non soluzioni, circoscrivendo le responsabilità solo in ambito regionale.

Per evitare il rischio di incorrere in ripetizioni, vorrei subito cogliere il dato politico, che emerge, prepotente, dal problema dello smaltimento dei rifiuti. E cioè che, a monte di esso, molti sia a destra che al centro stanno ricercando la verginità politica, a tutti i costi, fidando sulla poca memoria della gente.

Escludo di netto dal mio ragionamento il governo Prodi, essendo esso, nella sua esiguità temporale, rispetto all’esecutivo precedente, riuscito a varare un decreto credibile e fattibile e affidandone l’attuazione al Commissario De Gennaro, che pure tra enormi difficoltà, pare stia per raggiungere un esito positivo nei tempi stabiliti.

Ma come ha ben sottolineato Massimo D’Alema, le forze politiche di destra sono sostanzialmente avverse alla nostra città e Regione, in quanto, con una martellante e devastante campagna mediatica, stanno compromettendo gravemente il nostro futuro, facendo apparire sommerso dalla “monnezza” tutto, anche ciò che è eccellente e si continua a produrre.

La destra quindi, vera forza della regressione, non collaborativa nell’emergenza, non propositiva responsabilmente e non risolutiva in alcun modo dei problemi dei cittadini. Tesa essa nella ricerca spasmodica del consenso, a favore dei particolarismi del solito e vecchio imprenditore Berlusconi.

Fortunatamente a fare da controaltare a questa deriva, c’è il Partito Democratico, quale vera ed unica novità nel panorama politico, Con tutte le implicazioni positive, che esso reca in sé, in speranze ed in possibilità reali, perché può mettere in moto soprattutto l’effetto deparalizzante della società italiana.

Affermo ciò senza ansia e tifoseria, ma per semplice senso di realismo. Del resto, quel che propone la destra, con un partito, il PDL, raffazzonato senza un vero progetto fondativo in tutta fretta per contrastare Veltroni, è un già visto, provato e già bocciato e ci riporterebbe alla condizione di un intero Paese bloccato, sempre sull’orlo di una “guerra civile” immaginaria e culturalmente retrogrado. Allorché abbandoneremo del tutto l’attitudine secolare a sentirci “Guelfi e Ghibellini”, in politica, così come nelle scelte essenziali della vita nazionale, potremo finalmente dirci Europei.

Il rischio di ulteriori divisioni e corporativismi è grande ed è d’uopo ricordare come il governo Berlusconi abbia contribuito ad una più drammatica spaccatura economica e strutturale tra Nord e Sud. Un’eventuale vittoria elettorale della destra produrrebbe per il nostro territorio proposte vuote di reale sviluppo ed all’insegna del solito affarismo, esplicato dalle “vecchie facce” della politica. Sempre per citare D’Alema, in caso di vittoria del PDL, c’è il rischio di avere un “ministro straniero” in qualche importante dicastero. Ovvero un leghista, eletto in una sola parte d’Italia, che dovrebbe però accogliere le istanze di tutto il territorio nazionale. Tutto ciò è beffa e ludibrio verso l’intero corpo elettorale.

Obiettivamente ed avendo una stima incommensurabile verso i miei concittadini, non riesco a trovare alcun valido riscontro, per cui la Campania dovrebbe votare a destra.


Ilvano


sabato, marzo 22, 2008

Pier Paolo Pasolini, Alla mia nazione





Pier Paolo Pasolini fu un vero Artista, con la "A" maiuscola. Dico questo perchè ha vissuto l'arte a 360 gradi, fu un romanziere, un editorialista, un saggista, un poeta e un regista.
In tutte le sue opere il linguaggio poetico è sempre presente, anche per questo molti suoi lavori sono stati erroneamente interpretati (lo sono ancora oggi).

Non a caso Moravia ci ricordava che Pasolini fu soprattutto un poeta, ogni suo scritto, ogni sua parola, ogni suo film, vanno interpretati tenendo conto di questo.
Sempre Alberto Moravia, in occasione dell'orazione funebre per Pasolini, disse: "abbiamo perso prima di tutto un poeta, di poeti non ce ne sono tanti nel mondo, ne nascono tre o quattro soltanto in un secolo. Quando sarà finito questo secolo Pasolini sarà tra i pochissimi che conteranno come poeta. Il poeta dovrebbe essere sacro".

Oggi di Pasolini si parlava pochissimo, anche se è attualissimo, fu un personaggio scomodo da vivo e lo è anche da morto. Fu un feroce critico della cultura borghese, soprattutto per questo motivo subì oltre trenta processi. Uno dei suoi primi romanzi, "Ragazzi di vita", fu denunciato per contenuti pornografici. Il libro fu dapprima sequestato, solo successivamente, dopo l'assoluzione di Pasolini, fu dissequestrato.

Definì fenomeni come l'omologazione e il genocido culturale determinati dal consumismo. Ora non voglio anticiparvi altro, ci saranno altri post a riguardo.

La poesia che segue dimostra come Pasolini, ancora oggi, sia un personaggio attualissimo.

S.F.

Alla mia nazione

Non popolo arabo, non popolo balcanico, non popolo antico
ma nazione vivente, ma nazione europea:
e cosa sei? Terra di infanti, affamati, corrotti,
governanti impiegati di agrari, prefetti codini,
avvocatucci unti di brillantina e i piedi sporchi,
funzionari liberali carogne come gli zii bigotti,
una caserma, un seminario, una spiaggia libera, un casino!
Milioni di piccoli borghesi come milioni di porci
pascolano sospingendosi sotto gli illesi palazzotti,
tra case coloniali scrostate ormai come chiese.
Proprio perché tu sei esistita, ora non esisti,
proprio perché fosti cosciente, sei incosciente.
E solo perché sei cattolica, non puoi pensare
che il tuo male è tutto male: colpa di ogni male.

Sprofonda in questo tuo bel mare, libera il mondo.

Pier Paolo Pasolini, La religione del mio tempo - 1959



venerdì, marzo 21, 2008

La sindrome di Stoccolma di Dini





Apprendo dai giornali che il Senatore Dini, presente alla convention dei candidati di destra alle elezioni politiche, presso l’Auditorium Eur di Roma, giorni addietro, ha dichiarato, raggiante, di essere finalmente a casa. Intendendo come tale la sua collocazione nel PDL. Una vera e propria “sindrome di Stoccolma”, che si verifica allorché un sequestrato, contro ogni logica, nutre indulgenza e sentimenti amorosi per il suo sequestratore.

Dico questo, perché Dini si professa liberale, ma l’equazione Ciarrapico-Mussolini uguale liberaldemocratici, non ritorna. E basta compiere un excursus su quattordici anni di vita politica italiana, per ritrovare subito un Presidente del consiglio, Dini, succeduto ad un brevissimo governo Berlusconi, di cui il Senatore era stato anche ministro, vituperato ed indigesto proprio alla destra. Fino all’ignominia della Commissione parlamentare Telekom Serbia, durante il secondo governo Berlusconi, presieduta dall’Onorevole Trantino (AN), la quale si basava sulle presunte rivelazioni di poco raccomandabili individui intorno alla presunta corruzione di uomini di centro-sinistra, tra cui Dini ed il cui nome in codice sarebbe stato “Ranocchio”. Tutto falso come accertato dalla Magistratura.

Il ritornare tra gente simile se non è “Sindrome di Stoccolma”, dà un segnale grave di malcostume nella politica italiana.

Sta di fatto che Dini, unitamente a Mastella, ha fatto cadere un governo serio, alla vigilia di importanti decisioni per il Paese ed in assoluto dispregio delle indicazioni degli elettori, spingendo decisamente per elezioni anticipate e facendo naufragare il tentativo del Presidente Marini. Avviando subito o forse già da prima un mercanteggiamento con Berlusconi, in merito al numero di diniani da candidare nel PDL.

In politica, una “dinata” o una “mastellata” avranno, per decenni, il senso di un’azione politica non edificante e non molto onorevole.

Ilvano

mercoledì, marzo 19, 2008

Il ministro Nicolais, Bassolino, il PD e gli elettori

Immagine tratta dal sito www.lastampa.it


I titoli degli articoli dei giornali vengono composti dai giornalisti, ma deontologia professionale vuole che i suddetti articoli, soprattutto quando riportano interviste dirette, siano sintesi fedeli delle dichiarazioni rilasciate.
Quindi, “NICOLAIS INCALZA IL GOVERNATORE. E’ UN PROBLEMA PER IL PD” articolo pubblicato dall’edizione napoletana de “La Repubblica” del 15 marzo e “BASSOLINO DIMISSIONARIO CI AVREBBE FAVORITO” su “Il Mattino” dello stesso giorno, riproducono, credo, testualmente il pensiero del Ministro e non possono considerarsi frutto di una interpretazione giornalistica.

Parafrasando il titolo di quanto riportato da “La Repubblica”, a questo punto, dopo tanto mio ardore iniziale verso la costituzione del nuovo partito, sono io elettore ad avere un problema nel votare PD. Perché il mio voto e quello dei miei familiari, per effetto di una legge elettorale da tutti vituperata, ma in vigore, porterà sicuramente all’elezione di Nicolais, posto nella lista in posizione preminente, pur non condividendo, nettamente, il suo modo di far politica.
Nell’affermare ciò, ci tengo a sottolineare l’impeccabilità del Ministro, per competenza e lealtà all’interno della compagine governativa, presieduta da Prodi. Ben altri infatti, per altro noti, hanno determinato la fine anticipata della legislatura, abbandonandosi ad un vero e proprio mercanteggiamento non molto onorevole con Berlusconi.

Eppure, leggendo le dichiarazioni di Nicolais, mi tornano alla mente le troppe parole in libertà, pronunciate da esponenti del governo appena passato. Quasi che il senso della politica non possa andare oltre l’illogico e l’irreversibile e mai verso qualcosa di costruttivo. Ciò è accaduto, nonostante la quasi disperazione del popolo di centro-sinistra, nel chiedere unità ai propri rappresentanti. Unità in un confronto apertissimo e proficuo e non unanimismo, come quello che pervade la destra italiana, ben stretta nelle mani di Berlusconi.

Per ritornare al Ministro Nicolais, sembra che quasi ci dica: ”Io corro da solo”. Ha forse egli senza dubbio l’ostinatezza, che contraddistingue il vero uomo di scienza, ma mi permetto di notare che egli ha anche l’imperizia, tipica del neofita in politica. Perché nessuno può sentirsi avulso o autonomo rispetto alla propria parte politica. Se non si è voluto o potuto preservare il governo Prodi, ci si batta per mantenere l’integrità e l’unità di intenti del Partito Democratico, nato per rivoluzionare ed ammodernare la politica italiana, non per inglobarne scorie e cattive abitudini.

A proposito dell’emergenza rifiuti ed intorno al ruolo del Governatore della Campania, le dichiarazioni di Veltroni, D’Alema, Follini, Bindi ed altri sono state univoche e responsabili, in quanto la priorità è in assoluto togliere i rifiuti dalle strade ed alleviare i disagi delle popolazioni. Che la destra italiana si abbeverasse con avidità all’emergenza rifiuti, era fatto prevedibile per una congenita mancanza di proposizione politica, ma che questo speculare intorno ai rifiuti diventasse motivo di campagna elettorale all’interno del Partito Democratico, alla ricerca di visibilità personale, lo trovo sconcertante e deplorevole. E se dietro a tutte queste polemiche e giri di parole non ci fosse niente per Napoli, la Campania e l’intero Meridione? E se i rifiuti diventassero in tal modo un comodo pretesto per quello che non verrà nel dopo?

Bassolino più volte ed in varie sedi ha spiegato come fosse doveroso per lui rimanere per l’emergenza in atto e per coadiuvare al meglio il non facile operato di De Gennaro. La richiesta asfissiante delle dimissioni del Governatore ha raggiunto un punto tale di saturazione, da far trapelare tutta la strumentalizzazione a riguardo. E’ giunto veramente il momento di pronunciare un basta urlato e prolungato. Non senza però prima aver chiesto al Ministro Nicolais di fornirci pubblicamente e nel dettaglio le motivazioni politiche, per le quali Bassolino dovrebbe dimettersi e quali vantaggi da tale cosa ne trarrebbero nell’immediato i cittadini.
I sondaggi? Se essi vengono usati senza rigore scientifico, come una clava, meglio lasciarli al cavaliere.

Bassolino è l’unico responsabile della crisi dei rifiuti? Si abbia il coraggio di dichiararlo pubblicamente, prima di ogni giudizio.
E’ eticamente e moralmente corretto ascrivere ad un solo soggetto istituzionale le responsabilità di tante altre persone, sempre riguardo ai rifiuti? Se la risposta è sì, non siamo in presenza di una politica rinnovata, alta e nobile, ma qualcosa che è più riconducibile alla furbizia ed opportunismo politico.
Non si può dire no a questa onda irrefrenabile di frastuono e gogna mediatica verso il Governatore della Campania, quasi nel timore di essere escluso per sempre dal gossip della politica? Ma ciò è piuttosto un’involuzione culturale ed è come dare un colpo forte e proditorio a Veltroni, che, proprio contro la supremazia del berlusconismo, è riuscito a riappropriarsi dell’agenda politica e culturale del Paese.

Resti, Bassolino. Eletto dal popolo sovrano sempre evocato e pur ignorato. Ed insieme a tutte le cose serie che il Governatore fa dalla mattina alla sera, si abbandoni anche ad una o più pratiche, non politiche, ma anti-iettatorie.
L’autocandidatura di Nicolais alla guida della Regione appare prematura, fuorviante e visto lo snodarsi dei suoi ragionamenti, non consona, anche per una sorta di autoreferenzialità, che trapela.

Ilvano


venerdì, marzo 14, 2008

L'indignazione non è mai troppa

Salvador Dalì, L'enigma di Hilter


Dopo aver Berlusconi candidato Ciarrapico, discusso imprenditore dalla fedina penale non immacolata e pubblico reo confesso di fascismo, salvo smentita di prammatica, egli propone a capo della lista del Senato per il Sud America, l’argentino Esteban Juan Caselli, detto Cacho, personaggio legato alla sanguinaria dittatura militare ed accusato da ministri del suo stesso paese di oscuri traffici e pericolose frequentazioni.


E’ giusto che uno schieramento politico, che compete per la guida del Paese, debba battersi strenuamente, per conquistare tale primato, tramite l’acquisizione del maggior numero di consensi. Ma ciò deve avvenire sempre percorrendo la via maestra della democrazia. La qual cosa, come spesso vuole accreditare il cavaliere, non è un optional, né qualcosa di anacronistico.

Ben si sa come egli sia preda delle sue ossessioni fobiche sui comunisti, ma sarebbe comunque il caso di ricordargli che l’unico regime dittatoriale, che ha avuto l’Italia, è stato quello fascista. Da cui il capo della destra pesca a piene mani, la Mussolini e Ciarrapico qui da noi e all’estero nel pattume di un’odiosa dittatura militare, il succitato Esteban Juan Caselli.


Il mondo cambia vertiginosamente e drammatiche emergenze si presentano ai governanti. Ma Berlusconi, come “il giapponese rimasto nella giungla” appare in maniera manifesta, legato al passato, purtroppo a quello più inquietante e disastroso. Tra fascismi e la P2 ed i suoi legami argentini. Nonché, ahi noi, prototipo di una politica da marketing, di plastiche facciali, di trapianti vari, all’insegna del nulla eterno e dell’enorme conflitto di interessi, ai quali si aggiungono vergognosamente quelli di Ciarrapico, quindi, non uno qualsiasi.


In poche ore Berlusconi è riuscito ad infliggere due gravi ferite alla collettività nazionale, sia con l’immissione in circolo del fascismo nostrano, sia con il consenso postumo alla crudele dittatura argentina, che ha causato migliaia e migliaia di vittime, moltissime di origine italiana. Dopo soprusi di ogni genere e torture, fino alla sottrazione dei figli di questi oppositori, tutti uccisi senza che essi avessero alcuna colpa, se non quella di amare profondamente la libertà dell’Argentina.


Sarebbe a questo punto auspicabile un confronto tra Berlusconi e le mamme della Plaza de Mayo. E non gli resterebbe che spiegare loro che il potere è potere e va perseguito con ogni mezzo e ad ogni costo. Anche quello di beffeggiare e rendere vano tutto ciò che ha condotto alla democrazia. Perché il senso di alcune candidature è questo, senza il rischio di incorrere in equivoci.


La proposizione al Senato della Repubblica di un personaggio come Esteban Caselli non dovrebbe passare sotto silenzio, piuttosto scuotere le coscienze: dei cittadini, dei politici italiani di buona volontà, della Chiesa cattolica, del Partito Popolare europeo, di cui il capo della destra si pregia di appartenere, di tutte le comunità di origine italiana dell’America latina, di tutti i governi europei, nonché della stampa libera e indipendente.


Che l’indignazione generale possa assumere peso corposo e farsi civile e ferma protesta. Se non prevarranno indifferenza ed assuefazione verso le ragioni della democrazia ed il solito

opportunismo politico.


Ilvano