"Se la libertà vuol dire veramente qualcosa, significa il diritto di dire alla gente quello che la gente non vuol sentire"
(George Orwell, Postfazione de "La fattoria degli animali")

martedì, aprile 01, 2008

Quella triste estate del 1994


Andy Warhol - Vesuvius



Qualche giorno fa, in una pubblica manifestazione, il Sindaco di Napoli Iervolino ha affermato di non essersi vergognata tanto, come durante il primo governo Berlusconi, allorché l’allora vice-premier del Belgio, Elio di Rupo non aveva voluto stringere la mano al ministro Tatarella, dandogli del fascista.

Il primo cittadino evidentemente si riferiva alla grande iattura della vita politica italiana, cioè quella di trovarsi in presenza di una destra di derivazione fascista, che non ha partecipato alla stesura della Costituzione. Inoltre populista e con forti connotazioni xenofobe, per la presenza della Lega Nord e gravata dal conflitto di interessi del proprio leader nel campo delicatissimo dei mezzi di comunicazione di massa. Un’anomalia, quella di una destra siffatta esclusivamente italiana, mentre nelle altre grandi democrazie europee sussistono raggruppamenti conservatori di ispirazione liberale o cristiano-democratica.

A questo peccato di origine, non secondario, si aggiunge il comportamento non proprio istituzionale del cavaliere, purtroppo esibito a più riprese all’estero ed in patria. Lunga è la lista delle sue dichiarazioni improvvide: “le grevi parole pronunciate da Berlusconi all’indirizzo della premier finlandese, per difendere il primato del parmigiano in Europa, degne più di uno stagionato viveur di provincia, che di un capo di governo. Le corna in evidenza, immortalate nelle foto, durante un importante vertice internazionale. Le penose barzellette sui malati di Aids. Il vistoso berretto di pelo di orso, indossato nella dacia di Putin ed il grande cappellone da cowboys nel ranch di Bush, nell’illusione che, tramite due ridicoli copricapo si possa diventare per automazione grande statista ed entrare di diritto nel grande circuito internazionale del potere decisionale. Mietendo soltanto il risultato di apparire un turista ruspante. Poi quel Kapò all’indirizzo del socialista Martin Schulz nella sede del Parlamento europeo, durante il periodo della presidenza italiana, nell’indignazione generale, senza sottacere sulle sue fobie anticomuniste di comodo e sulle calunnie ampliate dai giornali di sua proprietà e sulle contumelie verso avversari politici e semplici cittadini, come l’indimenticabile anatema, “coglioni” all’indirizzo del corpo elettorale”.

C’è un episodio significativo, avvenuto durante il G7 di Napoli dell’8 e 10 luglio 1994, con Silvio Berlusconi, Presidente del Consiglio e che vale la pena di ricordare, dopo una necessaria piccola cronistoria.

E’ meno di un anno che si è insediato il Sindaco Bassolino in una città, che esce da anni di buio amministrativo. Essa appare inizialmente tremebonda, verso il cimento di questa importante prova, e nessuno sembra dar credito alla riuscita dell’evento, voluto fortemente a Napoli da Carlo Azeglio Ciampi. Ma basta poco, Napoli si riappropria con disinvoltura del suo ruolo di grande capitale europea e l’organizzazione del tutto risulta impeccabile.

In un trionfo, che oserei definire glorioso, per i colori del cielo, del mare, delle facciate dei vecchi palazzi, delle speranze riflesse negli occhi della gente, essa accoglie con grazia ineguagliabile i grandi della terra. Tra i più significativi ci sono l’americano Clinton, che si butta visceralmente alla conquista conoscitiva della città. Helmut Kohl, che appare più slegato dalla consueta compostezza teutonica e Francois Mitterand, che riceve in quei giorni la laurea honoris causa all’Istituto Orientale.

Presso questa Università cittadina, per l’occasione, il Presidente francese svolge una relazione, che andrebbe rivisitata, in quanto non è per niente solo la perfetta esercitazione stilistica di un intellettuale di elevatissimo spessore. Essa è mente, è cuore verso Napoli, vista come patria della filosofia e tanto altro, da parte di un viaggiatore instancabile ed amoroso tra le cose nostre, lungo un percorso apparso a lui straordinario e unico. Più di un napoletano! Meglio di un napoletano! Per essere arrivato così a fondo, sino ad essere riuscito a percepire le pulsazioni di Partenope.

Alla cena organizzata dal Presidente Scalfaro nella Reggia di Caserta, Mitterand arriva provato. Il suo fisico è minato dal male, che nel giro di un anno lo condurrà alla morte. E’ ai piedi del grande scalone, che porta ai saloni superiori. Valletti premurosi gli corrono incontro per sostenerlo. Egli ha un gesto altero, ma non è scortesia. Colpo di reni, busto eretto, e sguardo più penetrante che mai, in quel momento è l’uomo fattosi Stato. E’ la Francia.

Mitterand, politico controverso ed imperscrutabile, trasmigra dalle sue umane sofferenze fisiche e diventa simulacro della dignità del suo popolo, in uno sforzo estremo d’amore e di servizio per il proprio Paese. Io guardo l’evento in TV e per quella quasi trasfigurazione, provo un lungo brivido di emozione e di compartecipazione.

La serata a Caserta si conclude con Berlusconi, che conduce gli ospiti illustri in visita presso la Fontana dei Delfini, nel parco della Reggia.


Indescrivibile lo scenario in quella lieve notte d’estate, tra tanta arte ed un cielo incredibile di stelle e di plenilunio. Qualsiasi parola non dovrebbe sovrastare in alcun modo quella bellezza, per permettere a ciascuno dei convenuti di imprigionarne per sempre la magia. Ma il “nostro” non riesce proprio a reprimersi e guardando il cielo esclama che sicuramente, quella notte, molti tra i presenti provvederanno ad incrementare la prole. Così! Allo stesso modo in cui ci si apostrofa fuori ad una balera, tra gente raccogliticcia ed alticcia, con fare ammiccante e pruriginoso.

Tra cotanto Mitterand e tale inadeguatezza e vacuità della nostra rappresentanza politica, è stata questa la mia volta, in cui, davanti al televisore, ho pianto a lungo di vergogna, da italiana.

Non è purtroppo la fine della storia. Qualche giorno dopo questi avvenimenti, ho appuntato su di un foglietto, che ancora conservo, come un titolo: “quella triste estate del 1994”. Scrivevo cioè allora di quel presente come se fosse già un passato molto remoto, auspicandolo vivamente.

Quello che ora, a ben titolo, in vista di reali opportunità di rinnovamento per un Paese arroccato e paralizzato, dovrebbe rientrare nel passato remoto, Berlusconi con il berlusconismo, continua ad essere il triste presente (a volerlo però). Ipotecando di fatto il futuro.


Aurelia del Vecchio ex impiegata dell’Ilva – Italsider di Bagnoli Napoli

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